sabato 28 aprile 2012

Culture periferiche. Alcune tappe di un lungo viaggio

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Culture periferiche, mafia e istruzione: sfida ai dirigenti della scuola pubblica italiana


  1. Piccolo-borghesi mafiosi: sono I burocrati della scuola pubblica italiana. I dipendenti che, quando non fanno abuso omettono atti d’ufficio, che per rilasciare documenti amministrativi assumono atteggiamenti di insofferenza e rifiuto, che concedono certificati come se fosse un favore riservato agli amici, che non conoscono il senso del dovere e del servizio verso lo Stato e provano ostilità nei confronti di quanto dovrebbe garantire trasparenza e legalità. Arrivisti disposti a tutto, spalleggiati da partiti, sindacati e associazioni varie, da padrini, giungono avidi, saccenti e arroganti a ricoprire incarichi e ad occupare poltrone, riproducendo nella propria funzione i meccanismi del potere che li ha generati: creano lobby e potentati, spartiscono privilegi e ricchezze, denaro pubblico, amministrano il bene comune come un feudo. Personalismi, nepotismo, corruzione, omertà sono questi i vizi della scuola pubblica italiana, gli stessi del Paese. E quanto più le realtà sono provinciali tanto più si acutizzano. Coercizione e mobbing vengono riservati ai pochi che non si allineano, che non mollano, che non ci stanno.
    Se questa è l’ordinaria amministrazione, come vengono gestite le risorse extra?
    Fondi strutturali europei, Pon e Fesr, per lo sviluppo e per l’apprendimento sono il carro delle delizie per quanti fanno della scuola pubblica il proprio feudo. Ed ecco fiorire bandi e avvisi ad personam, che non vengono resi pubblici nemmeno sui siti degli Uffici scolastici regionali e provinciali; incarichi assegnati a parenti e compagni; curriculum e carriere costruite all’occorrenza; forme di ostruzionismo per quanti hanno titoli e abilità, da mettere in campo per la collettività.
    Cosa insegna alle nuove generazioni un sistema di siffatta sostanza?
    Ai tragici ragazzi viene inculcata la mentalità edonistica, omologante, strisciante, la mentalità mafiosa piccolo-borghese, che ha avvalorato la vita attraverso i propri beni di consumo, che ha reso la cultura stessa un bene di consumo, che ha distrutto tutte le culture periferiche dalle quali era assicurata una vita libera. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazione e di istruzione.
    Sclerosi delle facoltà intellettuali e morali e frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai caratteristiche collettive.
    La scuola con i mass media ha corrotto l’Italia, io conosco i nomi, io conosco i fatti di cui si sono resi colpevoli.
    Angela Milella